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I Trappers e i mitici anni ’60 sulla costa jonica - "I CIRO'S"

IN BALERA COME A LIVERPOOL Folgorati dai Beatles, formarono una band.
Animavano le serate di un pezzo di Calabria
in cui stava nascendo il turismo balneare.
Da Villapiana a Crotone cantavano:
"Vogliamo poco dalla vita: pace, amore e libertà"


La più importante svolta musicale del Novecento che partì dalla Gran Bretagna, negli anni ’60, investì anche la Calabria, dove furono tanti i ragazzi pronti a sperimentare guardando al modello Beatles. Era l’epoca in cui gli "scarafaggi di Liverpool" conferivano dignità artistica al "pop", in cui si affermava la cosiddetta musica "leggera", scaturita da uno stile "giovane", provocatorio, urlante di protesta e di suoni elettronici.
Ci fu una moltitudine di "band" e gruppi di musica "beat" (il nome deriva dalla pulsazione ritmica di base e richiama il movimento artistico, letterario e musicale della "beat generation", sviluppatosi attorno agli anni Cinquanta e Sessanta negli Stati Uniti).

Il fenomeno, che ebbe forti ricadute culturali e a livello di costume, arrivò presto nel tratto di costa jonica compreso tra Villapiana e Crotone. Un pezzo di Calabria dove, negli stessi anni, si stava diffondendo il turismo balneare, con villeggianti provenienti soprattutto dal centro-nord, i quali alloggiavano in camere o in appartamenti presi in affitto dalla gente del luogo, con cui convivevano in amicizia, e la sera si divertivano nelle balere. Proprio qui i "complessi" avevano la possibilità di esibirsi e farsi conoscere, tra serate danzanti, concorsi di bellezza e incontri di gala animati da cantanti famosi.

Così era per i "Trappers", gruppo nato in provincia di Cosenza, a Cariati, la cui storia può essere considerata rappresentativa dell’epoca. I giovani che lo costituivano hanno soddisfatto l’esigenza comune a tanti coetanei, di esprimere la loro ribellione contro le ingiustizie del mondo e, inoltre, di voltare pagina rispetto ad esperienze musicali del passato che, nel caso specifico, era quella dei gruppi bandistici, dei cori parrocchiali o delle serenate, con mandolini e chitarre battenti, che, a dire il vero, non difettavano di valore, né di autenticità. Col mutare delle situazioni storiche, esse, però, non potevano più essere condivisibili dai giovani di quella generazione, coinvolti dalla cultura anglosassone del rock’n roll e, inoltre, portati a differenziarsi già nel sistema di produzione del suono che da acustico diventò più deciso, in quanto prodotto con sistemi elettrici di amplificazione.
"In un periodo di forti cambiamenti come quello dei ‘60’ - afferma Tiziano Tarli in "Beat italiano. Dai capelloni a Bandiera Gialla" (Castelvecchi, 2007) - l’esperienza protestatoria di beatnik, provos (movimenti provocatori e anticonformisti), capelloni e altri gruppi si unisce a quella di migliaia di giovani ‘inconsapevoli’ o poco preparati a fare una ‘rivoluzione’ , e si fa portavoce dei cambiamenti sociali e culturali della nostra piccola Italia. In quegli anni c’erano solo Nilla Pizzi, Claudio Villa, cravatte e oratori; d’un tratto migliaia di ragazzi imbracciano le chitarre e cominciano a suonare musica urlata, diretta, libera e liberatoria. Si forma un forte senso di solidarietà e di aggregazione tra i giovani. L’essere beat diventa un lasciapassare che unisce i ragazzi di tutte le estrazioni e li contrappone ad una società adulta ormai vecchia e consunta".

In quel lembo di costa jonica furono, dunque, i "Trappers" a costituire una delle prime risposte calabresi ai quattro ragazzi di Liverpool e, insieme, il segno di demarcazione tra vecchio e nuovo.
Uno dei primi complessi ad utilizzare strumenti elettrici e ad avvalersi dei cori e del controcanto a due o tre voci.
Un componente era Cataldo Perri, che oggi è un noto etnomusicologo (autore, tra l’altro, del ritmo di tarantella che apre i programmi della rete televisiva nazionale). Il solo che abbia proseguito nella carriera musicale (gli altri erano Cataldo Federico, Mimmo Massimo, Luigi Perri, Antonio Rispoli; in un secondo momento si sono avvicendati Enzo Arcuri, Francesco Cariglino, Gino Colicchio, Leonardo Fazio, Antonio Perri, Gino Rizzo, Antonio Russo, in arte Tony Rubis, un cantante specializzato nel repertorio di Adamo, all’epoca assai in voga)Il gruppo riprendeva dai Beatles la formazione tipica: chitarra ritmica e voce, chitarra solista, basso, batteria, cui potevano aggiungersi il sax e le tastiere. Strumenti che bastava padroneggiare."All’inizio ero l’unico del gruppo - ricorda Perri - ad avere esperienza musicale. Avevo imparato a suonare la chitarra moderna dopo aver mutuato le tecniche basilari e alcune melodie da mio padre che suonava secondo la modalità antica". Il cantautore fu seguito a ruota da altri del complesso, mentre il fratello Luigi si è inserito dopo aver preso lezioni di basso da Cataldo Amoruso, componente dello storico gruppo cirotano dei "Ciro’s". Antonio Rispoli, invece, ha utilizzato un espediente molto singolare per diventare autodidatta della batteria, strumento che ancora in paese non si era mai visto: "Ne aveva costruito una con le scatole di latta dei biscotti Mellin, il rullante era una catenella del w.c.".

E poi c’era l’immagine. Anche i "Trappers", sul modello dei Beatles ma anche dei Rolling Stones, ne avevano trovato una che li rendesse distinguibili, come gruppo e dalla massa: capelli curati, faccia pulita e un’uniforme costituita da pantaloni beige e una casacca color arancio bordata di rosso.
Il nome"Trappers", volutamente pittoresco e simbolico, era, invece, ricavato da un fumetto dell’epoca, ‘Black Macigno’, la figura di un cacciatore di trappole, ispirata ai cacciatori del Canada sterminati dagli inglesi nell’Ottocento: "Ci aveva colpito l’anelito di libertà di quel popolo oppresso. Era un tipo di partecipazione che rispecchiava ideologie e miti giovanili fondati su sentimenti di amore, libertà, giustizia; nel farli nostri avevamo voluti esprimerli in un pezzo emblematico".
Questo il ‘refrain’ :"Siamo trappers anche noi // e vogliamo come loro // tanto poco dalla vita // pace, amore, libertà!". All’inizio, erano invitati ad animare matrimoni e battesimi che si festeggiavano in casa. Il manager era Gigino Massimo, giovane impiegato dell’azienda telefonica, l’unico che lavorava e poteva disporre del denaro necessario per pagare a rate l’impianto voci: "Era il mitico ‘Davoli’ – ricorda ancora Cataldo Perri - e ci siamo impegnati a saldare il debito con gli introiti dei concerti". La sala prove era in un’abitazione privata che era un punto d’incontro: "Suonavamo nei ‘club’ creati da noi ragazzi, dove ritrovarci e ballare in inverno e incontrare le ragazze che venivano di nascosto".
Con il boom delle balere, il gruppo ha iniziato ad esibirsi ogni sera in quelle locali, frequentate dai giovani, dai villeggianti e da famiglie. I "Trappers" offrivano il loro vasto repertorio ispirato per lo più alla musica italiana dell’epoca: "Aprivamo con ‘Te ne vai’, un brano che io stesso avevo composto e che era diventato la nostra sigla, poi spaziavamo da Battisti ad Adamo, ai Dik Dik, ai New Trolls; non mancavano, tuttavia, i brani più celebri dei Beatles e dei Rolling Stones e alcune canzoni inedite, scritte da noi".

Sulle loro canzoni, proposte soprattutto nello scenario di una delle balere più rinomate, "La Lucciola", i giovani ballavano shake e lenti mentre i genitori sorseggiavano le loro bibite ai tavoli, discorrendo con gli amici incontrati nel locale; una dimensione di divertimento che, successivamente, è andata perdendosi con l’imperversare delle mode musicali rumorose, a discapito della possibilità di comunicazione.
Diventato famoso in tutta la zona jonica, il gruppo si è esibito nei più importanti locali dal celebre "114" di Villapiana, fino al ‘Kursaal’ di Crotone.
Un altro ricordo. "Essendo quasi tutti studenti – racconta Perri - non avevamo la possibilità di acquistare un mezzo di trasporto per le strumentazioni, potevamo affidarci solo al buon cuore di qualche compaesano… battevamo tutto il paese, ogni volta, per cercare un camioncino". Spesso senza successo fino alle sette di sera, nel giorno fissato per l’esibizione, magari a distanza di chilometri: "Da quelle situazioni estreme, veniva a ‘salvarci’ Giuseppe Scarpello, detto lo Sceriffo, un amico innamorato del nostro mondo musicale, che, sebbene un po’ più grande e già padre di famiglia, condivideva le nostre speranze e la nostra voglia di vivere". Al punto da accompagnarli col suo furgone adibito al trasporto del pesce, senza pretendere alcun compenso: "Nei locali ci presentavamo col tanfo addosso, ma contava di più la gioia di esserci!".

I "Trappers" si sono esibiti, oltre che nelle balere e nei locali estivi, nelle feste paesane, facendo, spesso, da spalla al famoso cantante che allietava le serate; hanno anche accompagnato una singolare esperienza di gara canora per bambini, lo "Zecchino d’oro", che, ricalcando quella più celebre, trasmessa in televisione, si svolgeva nel loro paese con l’apporto di noti personaggi televisivi come il presentatore Corrado Mantoni e la conduttrice Aba Cercato. Ad un certo punto, però, con l’evoluzione del gusto musicale, del costume e delle situazioni di vita, l’esaltante vicenda del gruppo calabrese volse al termine: "Nei primi anni Settanta l’università e il lavoro ci hanno risucchiati lontano e così, alla fine, ci siamo sciolti".
A quelli che una volta erano i Trappers, è rimasta, oltre alla nostalgia dell’esperienza, il ricordo del loro desiderio di un mondo bello e puro; di quando ogni piccolo risultato era una conquista e tutto era improntato al valore semplice dell’amicizia e alla voglia di stare insieme.
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by testintesta

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1 commenti:

  1. Almeno la musica è stata capace di arricchire psicologicamente una terra dai mille problemi, grazie a tutti coloro che hanno contribuito.

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