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Assunzioni DOC a sviluppo Italia: c'è anche il figlio di Visco

Hanno varcato la soglia di Sviluppo Italia, la società di proprietà del Tesoro, il figlio del viceministro dell'Economia e il nipote di Sergio Mattarella, deputato dell'Ulivo. La società e' stata affidata a Domenico Arcuri per snellire quella che era diventata una conglomerata con 181 società e 492 amministratori.
L'esordio era stato di quelli col botto, con frasi a effetto: «Ho ereditato una farsa, una società con una struttura così elefantiaca che al cospetto la General Motors si intimorisce». A Domenico Arcuri, una carriera in continua ascesa tra la Luiss di Roma (dove prima si è laureato e poi ha insegnato) e un lungo cursus honorum tra le società di consulenza Arthur Andersen e Deloitte, è toccato l'ingrato compito di trasformare in una vera azienda quel polpo dai mille tentacoli che è Sviluppo Italia, la società di proprietà del Tesoro che avrebbe dovuto avere due sole missioni: attrarre imprese straniere e favorire la nascita di nuove aziende. Troppo facile. In poco meno di un quinquennio Sviluppo Italia è diventata una conglomerata con 181 società e 492 amministratori.

Al 43enne Arcuri il compito di fare pulizia. Un'attività alla quale se n'è aggiunta un'altra silenziosa, quasi carsica: l'assunzione di nomi eccellenti, figli di ministri che secondo un galateo etico e di buon senso dovrebbero stare alla larga da una società pubblica.
Il primo a varcare le porte di via Calabria, quartier generale di Sviluppo Italia, è stato il nipote di Sergio Mattarella, deputato dell'Ulivo, ex ministro della Difesa e fratello di Piersanti, il presidente della Giunta regionale siciliana ucciso dalla mafia. Il suo nome è Bernardo, come il nonno paterno, che fu ministro della Repubblica nei Governi Pella, Fanfani e Scelba. Bernardo junior è stato assunto alla direzione Finanza con un contratto da dirigente. Arriva con lo stesso ruolo che ricopriva a Banca Nuova, il gruppo siciliano emanazione della Popolare di Vicenza, dov'era dirigente alla Pianificazione.
Altro nome eccellente è quello di Gabriele Visco, figlio di Vincenzo, attuale viceministro dell'Economia e, come tale, uno dei controllori di Sviluppo Italia, anche se tecnicamente la delega dell'Agenzia è nelle mani del ministero delle Attività produttive. Gabriele è un esperto di telecomunicazioni, fino a qualche mese fa in forza a Telecom Italia, dove approdò ai tempi di Colaninno.

A volerlo è stato il solito Arcuri, da cui dipende direttamente, anche se per il momento non ha potuto offrirgli nulla di più di un contratto di consulenza. Due acquisti che creeranno qualche grattacapo al neo amministratore delegato e al presidente del consiglio di amministrazione Nicolò Piazza, palermitano purosangue prescelto dal viceministro Sergio D'Antoni, il vero deus ex machina del riassetto di Sviluppo Italia.
Diversa sorte è stata riservata a Crescenzio Costa, figlio della seconda moglie del ministro per le Riforme e l'Innovazione, Luigi Nicolais. Dopo 18 mesi di contratti a tempo determinato tra Roma e Napoli, il giovane Crescenzio è stato inserito tra i 319 interinali che Arcuri ha deciso di non rinnovare. Se sia stata la trappola del cognome a tradire il figlio acquisito di Nicolais nessuno sa dirlo. Certo è che Sviluppo Italia, indipendentemente dalle maggioranze che governano il Paese, sembra uno dei rifugi prediletti per i figli e nipoti di politici con tre quarti di nobiltà ministeriale.
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by testintesta

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